Lasciare scarpe e spazzatura sul pianerottolo condominiale: è consentito?

I pianerottoli condominiali sono, spesso, utilizzati dai condomini come deposito per oggetti di diversa natura, come sacchetti della spazzatura in attesa di essere buttati o paia di scarpe lasciate sullo zerbino di casa. Ma è consentito lasciare scarpe e spazzatura sul pianerottolo condominiale?

La giurisprudenza stabilisce che i condomini possono servirsi liberamente degli spazi comuni, tra cui scale e pianerottoli, purché non impediscano agli altri il pari utilizzo e non ne alterino la destinazione d’uso. Sebbene lasciare la spazzatura davanti alla porta di casa non esclude che anche gli altri condomini possano fare lo stesso, ciò costituisce un impiego dello spazio comune contrario alla sua destinazione d’uso. Il pianerottolo, infatti, è un luogo di accoglienza sia dei proprietari degli appartamenti che dei loro ospiti, non di certo un ripostiglio personale in cui lasciare spazzatura e altri oggetti.

La Cassazione ha stabilito la possibilità di un’azione di risarcimento del danno nei confronti di chi lascia la spazzatura sul pianerottolo di casa, dal momento che si viola quanto stabilito dal codice civile in merito di destinazione d’uso degli spazi comuni. Non viene valutata l’entità della molestia olfattiva provocata dall’immondizia, e neppure il contenuto del sacchetto (se contiene materiale organico o solo carte e vetri), ma l’azione in sé.

L’ordinanza depositata dal Tribunale il 22/02/2007 stabilisce quanto segue:

«Considerato che il pianerottolo è funzionalmente destinato a consentire l’agevole passaggio da un piano all’altro dell’edificio, esso non può essere trasformato in una pertinenza di fatto del proprietario dell’alloggio che vi si affaccia né può essere adibito ad usi del tutto incompatibili con la predetta destinazione (il che avviene, ad esempio, qualora venga utilizzato come stenditoio, “parcheggio” di bici e passeggini o deposito di giocattoli, scarpe o altro) e con il complessivo decoro dell’edificio».

Non è, dunque, possibile affermare che il singolo condomino è libero di fare sempre ciò che vuole, come lasciare scarpe e spazzatura sul pianerottolo condominiale, poiché questo non è di pertinenza soltanto del suo appartamento ma di tutti i condomini in egual misura.

 

Pannelli fotovoltaici sul tetto condominiale: si possono installare?

L’installazione dei pannelli fotovoltaici sul tetto di un’abitazione privata è diventata ormai una procedura semplice, basta semplicemente effettuare una comunicazione al comune di residenza mediante il cosiddetto modello unico per fotovoltaico. Diverso è se si vogliono installare pannelli fotovoltaici sul tetto condominiale. Infatti, se il tetto su cui si vuole installare l’impianto è quello di un condominio, la questione si complica.

L’articolo 1122-bis del codice civile disciplina le opere particolari e l’iter da seguire per portarle a termine in ambito condominiale. In merito all’installazione del fotovoltaico, tale articolo dispone che:

“E’ consentita l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinate al servizio di singole unità sul lastrico solare, su ogni altra superficie idonea comune e sulle parti di proprietà dell’interessato”

In pratica, ogni condomino è libero di installare pannelli fotovoltaici sul tetto condominiale per la produzione di energia elettrica a uso personale, anche senza permesso dell’assemblea o l’unanimità di una eventuale votazione. L’interessato deve, però, comunicare la sua volontà all’amministratore poiché questa comporta la modifica delle parti comuni. Inoltre deve specificare il contenuto e le modalità di esecuzione degli interventi relativi all’installazione dell’impianto. A questo punto, l’amministratore di condominio avrà il compito di convocare l’assemblea al fine di effettuare le eventuali delibere del caso. Infatti, l’assemblea ha solo il potere di deliberare degli opportuni accorgimenti, quindi può solo prescrivere modalità alternative per l’installazione o imporre particolari cautele come la messa in sicurezza di parti del tetto.
Grazie all’articolo 1122-bis, il singolo condomino che vuole installare pannelli fotovoltaici sul tetto del condominio, può procedere senza l’autorizzazione dell’assemblea. L’unico caso in cui quest’ultima può negare tale intervento si verifica quando l’installazione dei pannelli fotovoltaici sul tetto condominiale possa compromettere la sicurezza dell’edificio oppure se ne altera il decoro architettonico.

Installare un sistema di allarme in condominio: ecco come fare

Non sempre installare un sistema di allarme in condominio necessita di un’autorizzazione da parte dell’assemblea, ma bisogna comunque tener conto di alcune accortezze. Ogni condomino ha diritto ad installare un allarme personale di sicurezza per la propria abitazione, ma ciò non significa che l’esercizio di tale diritto sia privo di limitazioni. Innanzitutto, occorre tarare l’allarme in maniera tale da limitare al minimo il rischio di suonare senza un reale motivo.  Il suono non deve essere troppo forte e non deve durare troppo a lungo per non compromettere la quiete del condominio. In caso contrario, se viene superato il limite della sopportabilità, l’assemblea è chiamata ad intervenire e ad accertare l’effettiva entità delle immissioni sonore prodotte. Se il rumore supera il limite consentito dalla normativa comunale, l’assemblea potrà intimare la rimozione dell’allarme in questione.

Se parliamo, invece, di un allarme con sistema di videosorveglianza la questione si complica. Per poter installare delle telecamere, si deve avere l’attenzione di posizionarle in modo tale che il raggio di ripresa sia limitato allo spazio privato del singolo condomino interessato. Andranno direzionate verso la propria porta d’ingresso, non sull’intero pianerottolo. Inoltre, è necessario rispettare l’obbligo di tutela della privacy previsto dal nostro ordinamento, ossia segnalare la presenza del sistema di videosorveglianza e il loro eventuale collegamento con le forze dell’ordine, conservare per un periodo limitato le immagini raccolte, escludere dalle riprese le zone esterne a quelle condominiali e altri accorgimenti.
Quando installare un sistema di allarme in condominio diventa un’esigenza comune, si può provvedere all’installazione di un impianto collegato alla portineria. Se tale intervento viene considerato gravoso delle cose comuni, ossia troppo oneroso o che comporta importanti modifiche della struttura dell’edificio, i condomini che non intendono trarre vantaggio dall’allarme vi rinunciano e sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa. Nel caso in cui l’installazione venga considerata migliorativa, questa potrà essere deliberata con un numero di voti favorevoli che devono rappresentare la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell’immobile. Infine, se si decide di dotare l’allarme comune di un sistema di videosorveglianza, sarà necessaria la delibera da parte della maggioranza dei partecipanti all’assemblea nella quale essa è in discussione, che rappresentino almeno la metà dei millesimi.

 

Sbattere tappeti e tovaglie in condominio: in quali orari è lecito?

Tappeti che vengono sbattuti a qualsiasi ora del giorno e tovaglie che vengono sgrullate facendo cadere polvere, briciole e quant’altro sul balcone sottostante. Come comportarsi e quando è lecito sbattere tappeti e tovaglie in condominio? L’uso dei beni comuni, nonché le norme in materia di decoro dell’edificio, risultano generalmente disciplinate nel regolamento di condominio, nel quale vengono prefissati degli appositi orari in cui risultano consentite tali operazioni. I condomini potrebbero anche prevederne il divieto assoluto ma in tal caso si andrebbe a privare il singolo condomino della possibilità di un intervento senza dubbio necessario e che non può essere espletato all’interno del proprio appartamento. Tale divieto potrebbe essere inserito soltanto all’unanimità.

L’adozione di un regolamento risulta obbligatoria nel caso in cui il numero dei condomini sia superiore a dieci unità ma questo non preclude la possibilità che, anche qualora i condomini risultino in numero inferiore, gli stessi possano ugualmente predisporre un apposito regolamento (come previsto dall’art.1138 del codice civile). Quest’ultimo può essere scavalcato da sentenze di tribunale. Più volte, infatti, la giurisprudenza ha avuto modo di delineare i contorni del reato di cui all’art. 674 del codice penale, ossia il “getto pericoloso di cose”. La norma prevede l’arresto fino a un mese o l’ammenda fino a 206€ per chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone. La Corte di Cassazione è intervenuta spesso sul tema, sanzionando le condotte dei condomini maleducati o incivili, responsabili del ripetuto “lancio” di oggetti di qualunque tipo, come rifiuti, mozziconi di sigaretta, bottiglie o addirittura candeggina e sostanze corrosive. Alcuni Tribunali italiani, da Mestre a Genova, hanno in passato considerato reato (molestie e deturpazione) il comportamento di chi sgrulla la tovaglia o sbatte il tappeto facendo ricadere sui panni stesi dell’inquilino del piano di sotto, o sul suo balcone, non solo briciole ma anche polvere e resti di cibo.

Esistono, comunque, delle norme elementari da seguire: è consentito sbattere tappeti e tovaglie in condominio solo in alcune ore del giorno e solo se l’operazione non viene effettuata dalle finestre o dai balconi che affacciano sulla verticale del portone d’ingresso. Se l’edificio ha una terrazza condominiale, di norma viene autorizzata lì la pratica della battitura dei tappeti.

In definitiva, negli orari prefissati stabiliti nel regolamento condominiale, le suddette operazione risultano legittime e non possono essere vietate né contestate dal singolo condomino.
sbattere tappeti e tovaglie in condominio

Il supercondominio: che cos’è e come si costituisce

Il supercondominio, chiamato anche “condominio orizzontale o complesso”, altro non è che l’insieme di due o più edifici, facenti parte o meno di distinti condomini, che condividono alcuni beni e/o servizi legati contestualmente dalla relazione di accessorio a principale. Si può trattare di condivisione di semplice servizi essenziali come l’ingresso principale, il cortile interno, i parcheggi comuni o l’impianto centrale per il riscaldamento, o condivisione di servizi più complessi, tipico dei grandi centri residenziali, come impianti sportivi, spazi verdi, servizi di vigilanza e molte altre infrastrutture.

La suddetta fattispecie legale è la conseguenza dell’evolversi delle tecniche edilizie, sempre più orientate a sfruttare il più possibile le capacità edificatorie del territorio, e della riqualificazione di zone periferiche, che ha lo scopo di garantire uno stile di vita migliore e più tranquillo ai cittadini residenti in quartieri lontani dal caos della città. Inoltre, un altro fattore che ha portato alla costituzione di tali complessi immobiliari è senza dubbio l’interesse delle imprese costruttrici che mirano a reperire aree edificabili di notevoli dimensioni a prezzi relativamente bassi.

supercondominio

Ma come si costituisce il supercondominio? La sua costituzione viene di solito prevista nel regolamento predisposto dall’originario costruttore del complesso edilizio e richiamato nei singoli atti di compravendita stipulati con tutti gli acquirenti futuri condomini. Può provvedervi anche l’assemblea con apposita delibera, a patto che non si vadano ad imporre ai condomini particolari vincoli limitativi dei loro diritti sulle proprietà individuali o sull’uso delle parti comuni.

L’organo sovrano del supercondominio è l’assemblea, costituita dai rappresentanti dei singoli condomini nominati dagli inquilini degli stessi. Accanto a questa viene designato un “super” amministratore a cui viene affidata la gestione delle cose comuni o, altrimenti, l’incarico della gestione può essere affidato ad una società specializzata.

Con l’introduzione della legge di riforma del condominio n.220/2012 (art. 1117 bis del Codice Civile), la Suprema Corte di Cassazione ha sancito l’applicabilità della normativa condominiale anche al cosiddetto “supercondominio”, ovvero i principi e le disposizioni dettate dal Codice Civile in tema di condominio di edifici si applicano, in virtù di interpretazione estensiva, anche a questa fattispecie.

Anagrafe condominiale: di cosa si tratta?

L’anagrafe condominiale

L’anagrafe condominiale è un registro dove sono contenuti tutti i dati dei condòmini sia proprietari che affittuari. L’amministratore ha il compito e dovere di tenere aggiornato l’anagrafe condominiale per garantire una corretta ed agevole gestione delle sue incombenze.

Quali informazioni deve contenere l’anagrafe condominiale?

Il codice civile regola l’anagrafe condominiale in base al quale l’amministratore è tenuto a inserire nell’anagrafe condominiale i seguenti dati:

  • Le generalità di chi vive nell’appartamento: nome, cognome, codice fiscale, residenza o domicilio;
  • I dati catastali di ciascuna unità immobiliare;
  • I dati relativi alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio.

 Variano i dati dell’inquilino, come si procede?

Se cambia il soggetto che vive nell’appartamento il nuovo inquilino deve comunicare all’amministratore la variazione dei dati. Tale comunicazione deve avvenire obbligatoriamente in forma scritta entro sessanta giorni.

Il condòmino si rifiuta di fornire i dati, cosa succede?

Nel caso in cui il proprietario dell’appartamento o l’affittuario si rifiuti di fornire le informazioni sopra indicate all’amministratore, o ritardi nel fornirle, l’amministratore deve sollecitare l’adempimento con una lettera raccomandata. Se l’inadempimento supera i 30 giorni, l’amministratore dovrà provvedere a procurarsi in autonomia i suddetti dati, comunicando alle forze dell’ordine la situazione.

Dove si trova il registro dell’anagrafe condominiale, è possibile visionarlo?

Al momento dell’assunzione dell’amministratore la legge impone che questi comunichi il luogo dove è conservato il registro ed i giorni ed ore in cui i condòmini possono visionarlo, previa richiesta all’amministratore. Se viene inoltrata tale richiesta, l’amministratore non può negare di far prendere visione o di estrarre copie dell’anagrafe condominiale. Nel caso si rifiutasse, si potrebbe decidere di revocare l’amministratore per giusta causa.

Garanzie per la privacy dei condomini?

Per evitare abusi e utilizzi impropri dei dati così raccolti, il codice della privacy stabilisce che l’amministratore può trattare solo le informazioni personali, pertinenti e necessarie alla attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni e dei singoli partecipanti della collettività condominiale.

In conclusione l’amministratore può chiedere le generalità di chi vive nell’appartamento e tutte quelle informazioni che consentono di contattare i singoli partecipanti al condominio. Inoltre l’amministratore ha il diritto di essere informato in merito ai dati catastali dell’appartamento, quali: la sezione urbana, il foglio, la particella, il subalterno e il Comune.

Nel caso in cui l’appartamento fosse in affitto, l’amministratore deve ricevere, entro 60 giorni dalla registrazione, una copia del contratto di locazione registrato.

Ascensore in condominio, se non tutti sono d’accordo, come si fa?

L’ascensore in condominio se non tutti sono d’accordo sulla sua installazione può essere fonte di liti e discussioni fra condòmini. Ogni inquilino ha le proprie esigenze che devono però in un certo modo convivere con le necessità degli altri per tenere un equilibrio. Le decisioni che incidono sulle parti comuni come androne, scale e pianerottoli, necessitano della convocazione dell’assemblea e dell’approvazione di tutti, o della maggioranza, per procedere con l’attività. Eccoci arrivare alla questione dell’ascensore in condominio se non tutti sono d’accordo sulla sua installazione. Può non servire a tutti ma per molti può fare la differenza.

ascensore in condominio

 

Le spese per l’installazione dell’ascensore vanno suddivise tra tutti i condòmini in relazione ai millesimi di proprietà, inclusi i condòmini contrari, poiché la volontà dell’assemblea è vincolante per tutti.

Nonostante questo, i discordanti possono domandare di essere esentati da qualsiasi contributo di spesa, nel caso in cui l’installazione deliberata dalla maggioranza sia molto gravosa.

Si tratta di quei condomini in cui l’ascensore porta un’utilità reale. Il concetto di utilità è molto rilevante, infatti se la sua installazione andrà a servire i condòmini in misura diversa le spese saranno ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne. Per esempio, se l’inquilino del piano terra non ne usufruirà, non potrà essere gravato della spesa relativa all’installazione ed alla manutenzione dell’ascensore non traendo da esso nessuna utilità.

L’installazione dell’ascensore in condominio se non tutti sono d’accordo può essere anche attuata esclusivamente a spese di alcuni condòmini purché sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo alle relative spese. In questo modo devono ritenersi permesse anche quelle innovazioni utili solo ad alcuni condòmini che allo stesso tempo non recano preclusioni agli altri.

Installare l’ascensore in condominio

Installare l’ascensore in condominio in un secondo momento è possibile, installazione infatti non sempre presente negli stabili. In particolar modo l’assenza dell’ascensore è possibile notarla negli edifici storici e, qualora fossero presenti, non si tratta di installazioni già presenti in origine, ma realizzate nel tempo. Gli edifici di recente costruzione invece, all’interno dei quali l’ascensore è presente dall’origine, presentano dei problemi riguardanti la ripartizione delle spese.

La normativa, equiparando l’ascensore alle scale, rende applicabile il dettato dell’articolo 1124 del codice civile. Tale questione è stata poi avallata dalla legge 220/2012 istituendo che le scale e gli ascensori sono mantenute dai proprietari delle unità immobiliari che ne usufruiscono “purché sia fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione dell’impianto ed in quelle di manutenzione dell’opera” (Cass. n. 20902/2010).

come installare l'ascensore in condominio

La ripartizione delle spese relative all’installazione e alla manutenzione dell’ascensore in condominio è suddivisa tra i proprietari delle varie unità immobiliari, sia in riferimento al valore delle singole unità immobiliari sia considerando in misura proporzionale l’altezza dei singoli piani rispetto al suolo.

Per quanto riguarda il caso di un ascensore installato in un periodo successivo alla costituzione del condominio la situazione è diversa. Ciò perché potrebbe essere differente anche la proprietà dello stesso immobile. Nel caso in cui i condomini non volessero usufruire del servizio potrebbero essere esentati dalla spesa.

Un altro caso da considerare è quello dell’installazione dell’ascensore in condominio ai sensi della norma sull’abbattimento delle barriere architettoniche. Secondo la norma (articolo 2 comma 2 della legge 13/1989) se nello stabile è presente un condomino disabile, trascorsi tre mesi dalla richiesta all’assemblea, questi potrà installare, a proprie spese, l’impianto di ascensore o di strutture dedicate all’abbattimento delle barriere architettoniche. La estende, inoltre, questa possibilità anche nel caso in cui il soggetto disabile non abiti nel condominio ma vi si debba recare per altri motivi.

Rifiuti in condominio, il modo migliore per raccoglierli

I rifiuti in condominio vengono raccolti, insieme all’adozione della raccolta differenziata da parte dei Comuni, secondo delle regole ad hoc per non recare danni alle parti comuni dell’edificio. Infatti di solito l’androne, il portone, il cortile e gli spazi adiacenti allo stabile vengono usati per depositare e accumulare i rifiuti in attesa della loro raccolta da parte degli addetti al servizio ecologico. Come si può evitare di rendere questi spazi condominiali delle discariche? Il ruolo fondamentale lo ha l’amministratore in quanto garante delle parti comuni.

L’amministratore ha il compito di far rispettare il regolamento condominiale in merito alle parti comuni dell’edificio, e non solo, questo significa che se ci sono degli angoli del palazzo o del giardino in evidente stato di dissesto o in condizioni di sporcizia e sudiciume, l’amministratore deve provvedere tempestivamente. In alcuni casi è possibile ipotizzare un intervento urgente – a prescindere dall’autorizzazione dell’assemblea – se l’igiene e la salute dei condomini è a rischio.

raccolta rifiuti in condominio

La raccolta dei rifiuti in condominio deve essere seguita attentamente dall’amministratore, predisponendo degli spazi dove posizionare i contenitori per la raccolta differenziata in modo da mantenere un decoro per l’edificio. In alcuni casi spesso i condomini sono ancora dotati delle vecchie canne pattumiere, ovvero le condotte di scarico collegate a ciascun appartamento che portano l’immondizia delle abitazioni, o dal ballatoio, direttamente al contenitore condominiale ubicato in cantina. La Cassazione però ha stabilito a riguardo che l’assemblea può, sia per ragioni igieniche che economiche, deliberare a maggioranza semplice di sigillare le canne pattumiere.

L’amministratore ha il compito di informare i condòmini delle norme sulla raccolta dei rifiuti in condominio in merito alla loro custodia e sull’utilizzo dei contenitori ricevuti. Per quanto riguarda la sostituzione materiale dei contenitori è a carico del concessionario del servizio pubblico, nel caso invece la rovina sia dovuta all’utilizzo improprio fatto dall’utente, quest’ultimo sarà tenuto a risarcire il danno.

Nel caso in cui i condòmini non rispettino le norme sulla raccolta differenziata, l’amministratore non è considerato responsabile, dunque non risponde dell’illecito commesso dal singolo proprietario.

Liti per le aree ad uso pubblico, come amministrarle

Le liti per le aree ad uso pubblico tra privati, condomini e Comuni sono frequenti. Ma cosa si intende per l’utilizzo di aree soggette a uso pubblico? Spesso in sede di edificazione, il Comune può ottenere dal costruttore una servitù ad uso pubblico su una superficie limitrofa all’edificio.

Nel caso in cui in un secondo momento l’ente locale dia in concessione l’area ad un privato, dunque gli concede la possibilità di collocare tavolini e sedie sull’area, sorge un conflitto fra i privati che avevano concesso esclusivamente l’uso pubblico e non la piena proprietà. Se il Comune ha una “servitù ad uso pubblico” sull’area significa che il privato ha tutte le altre possibilità differenti dal semplice passaggio. Dunque il privato proprietario non può impedire il libero passaggio, ovvero il normale uso pubblico, ma dall’altro lato il Comune non può destinare l’area ad usi speciali ovvero distese di esercizi pubblici, edicole, palchi etc.

le liti per le aree ad uso pubblico

Il diritto di proprietà tra privato ed amministrazione pubblica si scinde in più possibilità: al Comune va riconosciuto l’uso pubblico per il transito e la sosta, mentre al privato rimangono gli usi ulteriori. Questi ultimi possono avvenire esclusivamente se non vi sono contrasti con l’uso pubblico, ovvero rispettando gli aspetti edilizi, ambientali e a tutela dei centri storici.

Come si affrontano questi problemi? Prima di tutto occorre verificare se il Comune dispone delle aree a titolo di proprietà o di beneficiario per una servitù ad uso pubblico. In entrambi i casi devono risultare da un titolo, che sia esso un rogito di trasferimento oppure una generica “dicatio ad patriam” ovvero la volontà del privato a consentire l’uso comune di un’area.