Togliere i servizi ai morosi è sempre una questione complicata, e la giurisprudenza a volte ci viene incontro.
Nel 2012 la riforma del condominio, con l’articolo 63 delle Disposizioni di attuazione del codice civile, ha riconosciuto un potere d’intervento all’amministratore. L’amministratore, nel caso in cui un condòmino protragga la sua morosità nel pagamento dei contributi condominiali per oltre sei mesi, può sospendere il moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. Togliere i servizi ai morosi può avvenire anche in mancanza di autorizzazione, diversamente a prima della riforma.
La riforma però non è chiara. In primo luogo non è specificato cosa si intenda per “morosità protrattasi per un semestre”, in secondo luogo trattandosi di facoltà e non di obbligo un’iniziativa così drastica difficilmente viene assecondata dall’amministratore. Di fatto questa scelta così invasiva solitamente viene messa in pratica esclusivamente in seguito alla decisione dell’assemblea che lo autorizzi. In questo caso vengono contattate le ditte d’ausilio che possono isolare l’unità immobiliare interessata dal servizio comune. In alcuni a casi è necessario l’intervento di un legale che chieda ed ottenga l’autorizzazione del Giudice ad intervenire in casa del moroso che si opponga alle operazioni.
I diversi tribunali italiani si sono comportati in maniera differenti a seconda dei casi. Per esempio il tribunale di Roma – ordinanza del 27 giugno 2014 – ed il tribunale di Modena – ordinanza del 5 giugno 2015 – hanno autorizzato la sospensione dell’acqua corrente al moroso. Per quanto riguarda il Tribunale di Milano (ordinanza del 24 ottobre 2013) invece ha negato la sospensione del riscaldamento al moroso in quanto considerato bene primario costituzionalmente protetto. L’acqua e il calore sono considerati beni primari e quindi fanno parte dell’indivisibilità dei servizi comuni.