La Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell’ordinanza n. 15615/2017 che ha rigettato il ricorso dei condomini i quali avevano chiesto che il condominio venisse condannato al risarcimento dei danni provocati dalle infiltrazioni da umidità, ha stabilito che il proprietario dell’appartamento non ha diritto al risarcimento di danni se, dalla consulenza tecnica preventiva, emerge che le infiltrazioni di umidità sono provocate da cause naturali, come la condensa, e che nonostante un eventuale intervento del condominio, il danno si sarebbe, in ogni caso, verificato.
La stessa Corte di Appello aveva rigettato la domanda di risarcimento, ritendo, quindi, il condominio esente da qualunque tipo di responsabilità, considerando prevalenti le “cause endogene”, ovvero la condensazione, per il verificarsi delle infiltrazioni anche se nel provvedimento è stata usato il termine “concause”.
Su questo presupposto i condomini sono ricorsi in Cassazione per ottenere il pagamento dei danni spettanti pro-quota, ovvero quelli derivanti dalle “concause” prodotte dal condominio.
La Suprema Corte, anziché un concorso di cause produttive di un unico danno, ha reputato che solo alcuni dei danni lamentati fossero riconducibili a responsabilità del condominio, mentre per altri, pari al costo per la verniciatura dei vani interessati, ha reputato che la causa è consistita in un mero fatto naturale, che si sarebbe verificato anche se il condominio avesse provveduto alla manutenzione della facciata.
Da qui deriva l’esclusione della risarcibilità di tali danni, a carico del condominio, poiché il pregiudizio prodotto dalla condensazione si sarebbe verificato anche se la facciata esterna fosse stata ben tenuta. Da qui l’inammissibilità del ricorso.