Cessione credito sismabonus

Cessione credito sismabonus, tutto quello che c’è da sapere per i condòmini.

Sono state emanate dall’Agenzia delle Entrate le linee guida per la cessione del credito per il sismabonus. Il provvedimento 108572 dell’8 giugno 2017 spiega il modo con cui cedere a fornitori e a soggetti privati la detrazione per provvedimenti antisismici per le parti comuni condominiali. In tale sede viene peraltro confermato il potenziamento (al 75)  della detrazione già prevista fino al 31 dicembre 2016, prorogabile fino al 31 dicembre 2021, che permette la ripartizione in cinque quote annuali invece di dieci. Quali sono le procedure da seguire? E chi ha diritto?

La cessione del credito d’imposta può essere effettuata dai condomini che beneficiano del sismabonus e dai cessionari del credito, ovvero fornitori o soggetti privati che hanno avuto il credito da condomini beneficiari del sismabonus. Il credito d’imposta è disponibile dal 10 marzo del periodo d’imposta successivo a quello in cui il fornitore dei provvedimenti ha emesso fattura, ovviamente nel caso in cui sia lui che beneficia del credito; il condomino ha sostenuto la spesa, nel caso di cessione a soggetti che non siano il fornitore; il condomino deve specificare, nella delibera condominiale di convalida dei lavori, tutti i dati relativi alla cessione.

cessione credito sismabonus come funziona

L’amministratore di condominio deve fare conoscere all’Agenzia delle Entrate i dati della cessione e l’importo e procurare al condomino la certificazione delle spese. I condomini che non sono obbligati ad avere un amministratore di condominio possono delegare questi compiti ad uno qualsiasi dei condomini.

Ma come si utilizza il credito sismabonus ricevuto?  Il credito di imposta ceduto viene ripartito in 5 quote annuali. Il soggetto che ha ottenuto un credito ceduto può usarlo in due maniere: o cedendolo  a terzi o portando la parte non ceduta in compensazione delle imposte dovute, attraverso il modello F24 da fare pervenire all’Agenzia delle Entrate.

Sisma Bonus nei condomini

Il Sisma bonus nei condomini, cosa è? Come funziona?

Il Ministero delle Infrastrutture (Mit) ha spiegato come funziona questa agevolazione fiscale ideata per gli interventi edilizi antisismici chiamata anche “Casa Sicura”.

Il Sisma bonus nei condomini interessa esclusivamente le parti comuni, il Ministero delle Infrastrutture ha specificato che “gli interventi di messa in sicurezza antisismica in un condominio non possono non interessare le parti comuni”. Infatti quando si avviano dei lavori di adeguamento alle norme antisismiche in un condominio non è possibile agire su un unico appartamento ma è necessario comprendere le parti in comune del palazzo.

Cosa significa questo? Che è possibile agire sulle parti in comune dell’edificio senza intervenire singolarmente sugli appartamenti ma non il contrario.

Dunque i singoli condòmini non possono decidere in autonomia di migliorare la sicurezza della propria abitazione, poiché non avrebbero effetti antisismici, ma sono tenuti a programmare i lavori con tutto il condominio.

il sisma bonus nei condomini

Le agevolazioni riguardo i lavori sulle parti condominiali comuni sulle quali si può ottenere una detrazione fiscale, coprono fino ad una spesa massima di 96 mila euro per unità immobiliare. L’amministratore in base al Regolamento di condominio e alle tabelle millesimali attribuirà la quota di detrazione spettante ad ogni condòmino.

Nel caso in cui vengano effettuati gli interventi antisismici sopra indicati si può scegliere di cedere il credito ai fornitori invece della detrazione fiscale. Questa scelta implica che il credito venga ceduto a chi ha effettuato i lavori oppure ad altri soggetti privati, al di fuori di intermediari finanziari e istituti di credito. Le Agenzie delle Entrate definisce le modalità di attuazione della cessione del credito.

 Il Mit per conoscere la zona di rischio sismico del Comune in cui si trova l’immobile oggetto dell’intervento ha messo a disposizione un elenco, aggiornato a marzo 2016, con la classificazione sismica Comune per Comune.

Ecobonus 2017, scopri come ottenerlo.

Per chi possiede redditi che sono esclusi dall’imposizione Irpef per espressa previsione o perché l’imposta lorda viene assorbita dalle detrazioni previste dal Tuir, è da oggi possibile cedere il credito relativo all’ecobonus sui lavori condominiali a banche e intermediari finanziari, oltre che a fornitori e imprese edili. Ciò è stato reso possibile  in seguito alle modifiche introdotte dall’articolo 4-bis del decreto legge 50/2017, convertito nella legge 96/2017 che sostituisce quello dello scorso 8 giugno 2017.

Tale legge prevede che per particolari interventi di riqualificazione energetica sulle parti comuni di edifici, i condomini possano cedere un credito d’imposta corrispondente alla detrazione dall’imposta lorda delle spese sostenute dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 nella misura del 70%, per gli interventi che interessano l’involucro dell’edificio e nella misura del 75%, per quelli finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale ed estiva degli edifici medesimi.

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I contribuenti potranno cedere il credito ai fornitori e alle imprese che effettuano i lavori o ad altri soggetti privati, persone fisiche, anche esercenti attività di lavoro autonomo o d’impresa,  ma non alle banche o agli intermediari finanziari. Il Dl 50/2017 ha inoltre stabilito che per gli interventi di riqualificazione energetica delle parti comuni condominiali, i beneficiari degli incentivi che si trovano nella no tax area possono cedere le detrazioni anche alle banche e agli intermediari finanziari. Il provvedimento stabilisce, inoltre, che la detrazione non può essere in nessun caso ceduta alle pubbliche amministrazioni.
La possibilità di cedere il credito, pertanto, riguarda teoricamente tutti i beneficiari delle detrazioni di imposta per gli interventi di riqualificazione energetica, anche se non tenuti al versamento dell’imposta; i cessionari del credito possono, a loro volta, effettuare ulteriori cessioni.
La detrazione si applica su un ammontare delle spese non superiore a 40 mila euro moltiplicato il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio e deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo.

Come funzionano le detrazioni fiscali

Come funzionano le detrazioni fiscali?

La legge di Bilancio 2017, approvata il 7 dicembre al Senato ha introdotto dei cambiamenti considerevoli riguardanti la detrazione fiscale a favore dei contribuenti che realizzano dei lavori di ristrutturazione e di risparmio energetico Ecobonus in casa, pari rispettivamente al 50% e al 65%. Percentuali di cui il Governo Renzi si è occupato nella Legge di Stabilità 2017. Le novità riguardano, per l’appunto, principalmente le percentuali di detrazione che spettano a tutti coloro i quali ristrutturano la propria casa o vi effettuano qualsiasi tipo di intervento a risparmio energetico. La novità 2017 è proprio quella di permettere a chi effettua lavori di miglioramento energetico o sismico sull’edificio, di acquisire una detrazione IRPEF maggiore.

detrazioni fiscali

Bonus casa 2017 in cinque anni?

Un’altra trasformazione su cui il Governo Renzi sta lavorando, è quella di ridurre proprio i tempi di rimborso della detrazione IRPEF. Se la proposta verrà approvata in via definitiva, sarà possibile avere una detrazione bonus casa 2017 in cinque anni, e non più 10. Ciò permetterebbe ai contribuenti, di poter beneficiare dello sconto IRPEF nella metà degli anni, modalità prevista solo per il sisma bonus 2017 nella Legge di Bilancio 2017.

L’opportunità offerta dai nuovi incentivi e la riduzione degli anni utili per beneficiarne, provano la volontà del Governo di incoraggiare uno sviluppo strutturale di cambiamento degli edifici in cui l’incentivazione gioca un ruolo considerevole, se non predominante. L’interesse per il segmento condominiale, nello specifico, conferma la presa di coscienza in merito al bisogno di allocare strumenti specifici al fine di oltrepassare le problematicità che caratterizzano il settore.

L’amministratore che non fa i corsi di aggiornamento può perdere l’incarico

L’amministratore che non fa i corsi di aggiornamento può perdere la nomina da tale incarico. Di fatto il condominio può mandare via l’amministratore che non fa i corsi di aggiornamento professionale e la delibera dell’assemblea che conferisce tale carica al professionista non in regola con i corsi è nulla.

Un modo piuttosto semplice per tutti i condòmini che hanno necessità o desiderio di sbarazzarsi dell’attuale amministratore. Basterà infatti chiedere a questi di dimostrare la sua frequentazione ai corsi di aggiornamento e nel caso in cui non avesse i “crediti formativi” richiesti può essere mandato via. Nel corso dell’assemblea per l’elezione dell’amministratore qualsiasi condòmino può esigere tale prove in merito al corso di aggiornamento previsto dalla normativa.

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I requisiti stabiliti dalla normativa vigente per svolgere la professione di amministratore di condominio sono numerosi, ma quelli che prenderemo in considerazione in questo caso sono principalmente due.

Il primo è quello di avere «frequentato un corso di formazione iniziale» e di svolgere «attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale». Tale formazione deve avere cadenza annuale, espressamente specificato da un decreto ministeriale. L’anno non è inteso in senso “solare” ma con riferimento all’entrata in vigore della normativa: pertanto l’obbligo di frequentazione dei corsi parte dal 9 ottobre e finisce il 9 ottobre dell’anno successivo. I corsi hanno una durata complessiva di anno, come una vera e propria scuola.

Nominare un professionista competente e aggiornato, secondo i canoni stabiliti dalla legge, fa parte dei diritti dei condòmini quindi ciascun inquilino ha diritto a richiedere l’esibizione dei titoli sopra citati.

 

 

Difficile togliere i servizi ai morosi

Togliere i servizi ai morosi è sempre una questione complicata, e la giurisprudenza a volte ci viene incontro.

Nel 2012 la riforma del condominio, con l’articolo 63 delle Disposizioni di attuazione del codice civile, ha riconosciuto un potere d’intervento all’amministratore. L’amministratore, nel caso in cui un condòmino protragga la sua morosità nel pagamento dei contributi condominiali per oltre sei mesi, può sospendere il moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato. Togliere i servizi ai morosi può avvenire anche in mancanza di autorizzazione, diversamente a prima della riforma.

La riforma però non è chiara. In primo luogo non è specificato cosa si intenda per “morosità protrattasi per un semestre”, in secondo luogo trattandosi di facoltà e non di obbligo un’iniziativa così drastica difficilmente viene assecondata dall’amministratore. Di fatto questa scelta così invasiva solitamente viene messa in pratica esclusivamente in seguito alla decisione dell’assemblea che lo autorizzi. In questo caso vengono contattate le ditte d’ausilio che possono isolare l’unità immobiliare interessata dal servizio comune. In alcuni a casi è necessario l’intervento di un legale che chieda ed ottenga l’autorizzazione del Giudice ad intervenire in casa del moroso che si opponga alle operazioni.

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I diversi tribunali italiani si sono comportati in maniera differenti a seconda dei casi. Per esempio il tribunale di Roma – ordinanza del 27 giugno 2014 – ed il tribunale di Modena – ordinanza del 5 giugno 2015 – hanno autorizzato la sospensione dell’acqua corrente al moroso. Per quanto riguarda il Tribunale di Milano (ordinanza del 24 ottobre 2013) invece ha negato la sospensione del riscaldamento al moroso in quanto considerato bene primario costituzionalmente protetto. L’acqua e il calore sono considerati beni primari e quindi fanno parte dell’indivisibilità dei servizi comuni.

Le ferie del portiere di condominio

L’estate è arrivata per tutti. Il caldo aumenta e le città si svuotano. Anche il portiere si domanda se può prendersi le ferie in questo periodo. Verifichiamo a tal proposito il regolamento condominiale.

 

La questione viene presa in considerazione nel contratto collettivo di lavoro (Ccnl) dei Proprietari di fabbricati, nella sentenza dell’11 novembre 2012 del Tribunale di Roma. La sentenza dichiara che il portiere di condominio non può andare in ferie dal primo luglio al 31 agosto e dal 20 dicembre al 10 gennaio. Nonostante questo però il portiere ha diritto al riposo settimanale ed annuale, come previsto dalla Costituzione italiana.

 

Le ferie del portiere di condominio raggiungono i 26 giorni di ferie, escludendo le domeniche, le festività del Santo Patrono, quelle infrasettimanali e le festività nazionali. Per quanto riguarda lo stipendio percepito per i giorni di ferie rimane invariato, uguale a quello percepito durante il servizio. Non vi sono diminuzioni di nessun tipo. Non è possibile per il portiere di condominio accumulare i giorni di ferie relativi a diversi anni ed utilizzarli in una volta unica.

 

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Come sceglie il portiere di condominio i giorni di ferie?

La scelta è divisa a metà fra il portiere stesso e il condominio. Il portiere può individuare 13 giorni dell’anno, sul totale indicato sopra, in cui assentarsi dal lavoro. I giorni scelti non possono essere compresi fra i periodi in cui la maggior parte degli inquilini lasciano il proprio appartamento incustodito. Esclusivamente in quei periodi, il portiere non può andare in vacanza.

 

L’amministratore di condominio, dopo aver sentito l’assemblea, può accordare al portiere uno o più giorni di ferie a ridosso dei periodi meno frequentati dagli inquilini.

 

Il portiere di condominio dopo aver deciso il periodo di ferie lo comunica al condominio per iscritto con almeno tre mesi di anticipo rispetto ai giorni di ferie richiesti.

 

Il diritto non disponibile delle ferie implica che il portiere di condominio non può rinunciare ai giorni di riposo stabiliti. Inoltre il condominio non può barattare in parte, o completamente, il diritto alle ferie del portiere suggerendo una retribuzione maggiore.

Nel caso di cessazione del rapporto di lavoro, al lavoratore spetterà un’indennità pari alla retribuzione globale di fatto dovuta per le giornate di ferie non ancora godute e maturate fino alla data della cessazione stessa.

NIENTE RISARCIMENTO DAL CONDOMINIO PER DANNI DA UMIDITA’

La Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell’ordinanza n. 15615/2017 che ha rigettato il ricorso dei condomini i quali avevano chiesto che il condominio venisse condannato al risarcimento dei danni provocati dalle infiltrazioni da umidità, ha stabilito che il proprietario dell’appartamento non ha diritto al risarcimento di danni se, dalla consulenza tecnica preventiva, emerge che le infiltrazioni di umidità sono provocate da cause naturali, come la condensa, e che nonostante un eventuale intervento del condominio, il danno si sarebbe, in ogni caso, verificato.

La stessa Corte di Appello aveva rigettato la domanda di risarcimento, ritendo, quindi, il condominio esente da qualunque tipo di responsabilità, considerando prevalenti le “cause endogene”, ovvero la condensazione, per il verificarsi delle infiltrazioni anche se nel provvedimento è stata usato il termine “concause”.

Su questo presupposto i condomini sono ricorsi in Cassazione per ottenere il pagamento dei danni spettanti pro-quota, ovvero quelli derivanti dalle “concause” prodotte dal condominio.

 

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La Suprema Corte, anziché un concorso di cause produttive di un unico danno, ha reputato che solo alcuni dei danni lamentati fossero riconducibili a responsabilità del condominio, mentre per altri, pari al costo per la verniciatura dei vani interessati, ha reputato che la causa è consistita in un mero fatto naturale, che si sarebbe verificato anche se il condominio avesse provveduto alla manutenzione della facciata.

Da qui deriva l’esclusione della risarcibilità di tali danni, a carico del condominio, poiché il pregiudizio prodotto dalla condensazione si sarebbe verificato anche se la facciata esterna fosse stata ben tenuta. Da qui l’inammissibilità del ricorso.

Revoca dell’amministratore di condominio, non serve l’avvocato

 

 

             La Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con l’ordinanza 15706/2017 si è pronunciata sul ricorso, presentato da un amministratore di condominio, avverso il provvedimento che ne disponeva la revoca per gravi irregolarità a lui imputabili, chiarendo, tra l’altro, che in questo particolare procedimento non è necessaria l’assistenza legale, da parte di un avvocato.

L’art.1129 c.c., rubricato “Nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore”, stabilisce che “la revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio. Può altresì essere revocato dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, oltre che nel caso previsto dall’ultimo comma dell’art. 1131, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità […]”, mentre l’art. 64 disp.att. c.c. prevede che “sulla revoca dell’amministratore, nei casi indicati dall’undicesimo comma dell’articolo 1129 e dal quarto comma dell’articolo 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente.
Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d’appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione
.”

 

Responsabilita-e-revoca-del-amministratore-la-giusta-causa-va-indicata-in-assemblea

La Suprema Corte, sulla scorta di queste disposizioni, ha chiarito che tale procedimento instaura un giudizio di volontaria giurisdizione privo di carattere decisorio e di incidenza con effetti di giudicato su posizione soggettiva e, pertanto, un procedimento atipico diretto alla mera gestione di interessi nell’ambito della volontaria giurisdizione, non incidendo, quindi, su situazioni sostanziali di diritti o di “status”. Non è quindi indispensabile, a detta dei Giudici, il patrocinio di un difensore legalmente esercente ex art. 80, comma 3, c.p.c.

Sarà, invece, necessaria l’assistenza di un difensore soltanto nel procedimento avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito dipendenti da un rapporto obbligatorio.

Nel procedimento in cui è consentita, alla parte, la difesa personale, precisa la Cassazione, la stessa che non riveste anche la qualità di avvocato può richiedere il solo rimborso delle spese vive concretamente sopportate e non ha certo diritto alla liquidazione del compenso professionale

La polizza di fabbricato condominiale è facoltativa

La polizza di fabbricato condominiale, Polizza Globale Fabbricati, è un contratto di assicurazione stipulata dal condominio al fine di proteggere e risarcire sia i danni per le parti comuni dell’edificio sia i danni per le abitazioni private, oltre che tutti quei danni causati dal fabbricato alle proprietà o all’incolumità di terze persone.

Le coperture essenziali incluse nella polizza di fabbricato condominiale ricoprono due rami: incendio e responsabilità civile del condominio. Tale assicurazione ha carattere facoltativo, non essendo contemplata da nessuna norma, a meno che non sia prevista dal regolamento condominiale, ed esclusivamente in questo caso l’amministratore può sottoscrivere la polizza senza il placet dell’assemblea, la quale deve essere comunque informata sui termini contrattuali.

Il costo della polizza assicurativa varia a seconda di diversi fattori quali le coperture inserite nel contratto e le eventuali clausole e inclusioni aggiuntive, i massimali previsti; e le caratteristiche del condominio: come le dimensioni dell’edificio, il numero di piani e di appartamenti, la data di costruzione, il valore della ricostruzione, la presenza di giardini, il comune in cui lo stabile è collocato. Ad ogni modo il costo è suddiviso fra i condomini proprietari, che pagano in proporzione ai millesimi di proprietà in loro possesso. Nel caso in cui la polizza non sia contemplata dal regolamento condominiale, nonostante sia l’amministratore a firmare l’accordo, è l’assemblea a decidere ed il quorum deliberativo è pari al numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. In caso in cui l’accordo vada rinnovato o disdetto si applica la stessa maggioranza, tenendo presente che nell’ultimo caso se si interrompe il contratto prima della sua scadenza naturale, il condominio potrebbe essere costretto a pagare una penale.

Nel caso in cui l’amministratore decida di sottoscrivere, rinnovare o risolvere in modo arbitrario la polizza il condominio può chiedere il risarcimento danni e la revoca giudiziale del professionista. Tale revoca può essere deliberata in qualsiasi momento dall’assemblea, con la stessa maggioranza utilizzata per la nomina, ovvero un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.Screen Shot 2017-05-23 at 16.41.51